Wetwar: il paradosso del domani

A cura di Pierguido Iezzi

In un’epoca dove sfortunatamente lo spettro della guerra sembra essere sempre più presente, nessun dominio (terra, mare, aria, spazio e – come forse più interessa a noi – cyber) sembra non essere stato toccato dalla mano invisibile del cambiamento.

Questo contesto operativo di multidominio1 è sicuramente un sistema complesso, in cui le singole variazioni che agiscono lo modificano portandolo ad un nuovo stato, diverso da quello iniziale. In tale sistema complesso, i domini, le dimensioni degli effetti (fisica, virtuale e cognitiva), i sistemi (politico, militare, economico, sociale, informativo e infrastrutturale) e gli ulteriori ambienti (informativo ed elettromagnetico) concorrono a generare un mix di gangli, in cui tutti gli aspetti sono legati da una serie di interrelazioni attraverso una serie di nodi collocati su più piani differenti.

Pertanto, particolare rilevanza assume la competizione nella dimensione cognitiva (Cognitive Warfare) che, nella sua dimensione intangibile, prende di mira ideologie, valori e società attraverso un uso sempre più esteso di mezzi di comunicazione, nuove soluzioni tecnologiche e la crescente attenzione militare al settore delle neuroscienze e alle sue applicazioni.

Il “campo di battaglia”, in questo caso, è proprio quello della mente umana. Come teorizzato in ambiente scientifico prima e militare poi; il nostro cervello può essere condizionato e “aggredito” in tre modi.

  1. Influenza: Quest'area si concentra su strumenti e metodologie per influenzare e manipolare il pensiero umano attraverso la manipolazione di informazioni, percezioni e schemi culturali. Questi strumenti operano spesso attraverso l'ambiente digitale e le reti sociali, utilizzando tecnologie di persuasione interattiva per sviluppare strategie di disinformazione.
  1. Interferenza: Quest'area riguarda strumenti e tecnologie che operano direttamente sul cervello umano, influenzando le dinamiche fisiologiche e biochimiche per interferire con i processi cognitivi. Questi strumenti possono essere utilizzati per migliorare o degradare specifiche funzioni cerebrali. Inoltre, possono includere sostanze chimiche, impulsi elettrici e onde elettromagnetiche che agiscono sui processi cognitivi.
  1. Alterazione: Quest'area si concentra sulle tecnologie che consentono l'interazione tra il cervello umano e le macchine, con lo scopo di migliorare le capacità cognitive umane o sfruttare le vulnerabilità a fini offensivi. Queste tecnologie vanno dalla realtà virtuale/aumentata alle interfacce cervello-macchina (BCI) e cervello-cervello (B2BI), fino alle possibili soluzioni di ibridazione più avanzate, come il modello Cyborg.

È proprio quest’ultimo punto che presenta le più grandi incognite e – forse – i più grandi pericoli. In questo scenario, un esempio è rappresentato dalla recente autorizzazione della Food and Drug Administration alla start-up Neuralink, di proprietà di Elon Musk, che testerà su un campione umano volontario, una nuova tecnologia in grado di far interagire direttamente il cervello con il computer, facendoci assistere ad un processo di evoluzione tangibile d’ibridazione uomo-macchina. In estrema sintesi, stiamo assistendo ad una nascita di micro-cervelli in vitro, ognuno contenente circa 800mila neuroni derivati da cellule staminali umane, capaci di interagire tramite un sistema di elettrodi, stimolando l’input visivo. Un esempio di questa nuova ibridazione la potremmo trovare applicata in diversi ambiti, come in quello militare attraverso l’impiego di super soldati (Next Generation Soldiers) con capacità fisiche e cognitive aumentate; muscoli più forti, udito migliore e vista più acuta, permettendogli di controllare droni e sistemi d’arma con il solo pensiero. Tutte potenzialità acquisite senza la necessità di ricorrere ad una chirurgia invasiva, e con l’obiettivo finale di arrivare ad una comunicazione wireless ad alta risoluzione tra mente e macchina.

Queste strategie possono essere utilizzate in vari contesti, inclusi conflitti militari, campagne di disinformazione, manipolazione delle opinioni pubbliche e altro ancora. È importante essere consapevoli di queste potenziali minacce e sviluppare meccanismi di difesa appropriati per proteggere la mente umana da manipolazioni indesiderate.

A breve termine, sarà questo il nuovo campo di battaglia dove si confronteranno le superpotenze globali per il controllo del pianeta, con Stati Uniti e Cina che più di altre hanno investito nell'Intelligenza Artificiale e nelle biotecnologie avanzate. Tale scenario evidenza come la linea tra uomo e macchina si stia assottigliando e sovrapponendo sempre più marcatamente, proiettandoci in un'era futura in cui materia biologica e artificiale si fonderanno per creare individui potenziati.

Le predette argomentazioni non possono essere più considerate fantascienza, ma una vera e propria realtà, che ci traghetta verso un’ulteriore nuova dimensione, quella della cosiddetta “wetwar” termine che deriva da “wetware” utilizzato per la prima volta dallo scrittore Rudy Rucker per riferirsi a sistemi viventi o componenti di essi utilizzati per processare o archiviare informazioni.

Il “wetware”, come spiega il neurosicenziato Miguel Nicoleis, “rappresenta l’integrazione di sistemi biologici e artificiali per estendere le capacità umane”. Al contrario, con il termine wetwar ci si riferisce ad una guerra condotta attraverso soldati potenziati, finanche con l’obiettivo di far interagire in tempo reale la mente umana con l'IA. Questa convergenza a cui stiamo assistendo tra biologia e tecnologia può, quindi, comportare implicazioni profonde sia in ambito militare che in quello della sicurezza. Nello specifico, se da un lato questa tecnologia fornisce la capacità di interfacciare direttamente il cervello con i sistemi informatici, migliorando notevolmente l'efficienza e la velocità del processo decisionale, dall’altro rende il cervello un potenziale bersaglio, determinando così un fronte di rischio, attraverso cyber attacchi. Questa nuova corsa alle armi, non più nucleari ma biotecnologiche, rischia di mutare per sempre il destino dell’umanità, che potrebbero comportare cambiamenti epocali anche negli equilibri geopolitici globali.