Sovranità digitale: una sfida per il futuro del Paese

Sovranità digitale: una sfida per il futuro del Paese

A cura di Pierguido Iezzi

L’ultimo triennio è stato, sotto molteplici punti di vista, una rivoluzione culturale, economica e politica. Un momento spartiacque che – tra i suoi innumerevoli risvolti – ha messo al centro del pubblico discorso un tema sempre più cruciale: la sovranità digitale. Parlare di sovranità digitale significa parlare della capacità di un Paese – e dell’Europa nel suo insieme – di controllare le tecnologie, i dati e le infrastrutture da cui dipendono economia, sicurezza nazionale e vita quotidiana dei cittadini. Oggi, gran parte delle informazioni che produciamo e utilizziamo si muove su piattaforme globali, spesso gestite da operatori che non hanno radici in Europa. Questa dipendenza rischia di tradursi in una vulnerabilità strutturale, che va ben oltre i confini della cybersicurezza tecnica: riguarda la nostra autonomia economica e, in ultima analisi, la nostra libertà di scelta come società. Per questo la Commissione Europea, con iniziative legislative e normative come la direttiva NIS2, ha deciso di alzare l’asticella, imponendo regole più stringenti e standard comuni a tutti gli Stati membri.

Ma le regole, da sole, non bastano. La sovranità digitale è una costruzione collettiva che nasce dall’alleanza tra pubblico e privato. Da una parte le istituzioni, che hanno il compito di stabilire cornici normative chiare, indirizzare investimenti e sviluppare infrastrutture strategiche. Dall’altra, le imprese – grandi e piccole – che devono adottare buone pratiche, rafforzare i propri sistemi di protezione e investire in formazione. Solo attraverso questa collaborazione il principio di sovranità digitale può tradursi in realtà. In Italia il tema assume un rilievo particolare. Il nostro tessuto produttivo è fatto per oltre il 90% di piccole e medie imprese, che costituiscono la spina dorsale dell’economia nazionale. Queste realtà sono innovative e dinamiche, ma spesso dispongono di risorse limitate e non sempre hanno le competenze per affrontare da sole il nuovo scenario normativo e tecnologico. Qui il ruolo delle associazioni di categoria, come Assintel, è fondamentale: fungere da ponte tra istituzioni e imprese, tradurre la complessità normativa in strumenti pratici e supportare le aziende in un percorso di crescita digitale sostenibile. La sfida della sovranità digitale non riguarda soltanto la sicurezza, ma anche la capacità di innovare. Disporre di piattaforme cloud europee, soluzioni di intelligenza artificiale sviluppate in casa e sistemi di cybersecurity governati localmente non è una scelta protezionistica: è una condizione necessaria per garantire che i dati dei cittadini e delle imprese restino sotto il controllo delle comunità che li generano. È un modo per riequilibrare rapporti di forza globali e assicurare che il valore economico e sociale dell’innovazione digitale resti in Europa.

In questo quadro, l’alleanza pubblico-privato non è soltanto utile: è indispensabile. Lo Stato deve agire come garante e facilitatore, assicurando che gli investimenti europei e nazionali – a partire da quelli del PNRR – siano indirizzati verso progetti che abbiano un impatto concreto sul tessuto produttivo. Le imprese, a loro volta, devono riconoscere che la cybersecurity non è un costo aggiuntivo, ma un investimento sul proprio futuro. Ogni attacco informatico che colpisce una PMI non danneggia solo quella singola azienda: mina la fiducia dei clienti, mette a rischio le filiere produttive e indebolisce l’intero sistema economico.

Un altro tassello cruciale è la condivisione delle informazioni. La cultura del silenzio di fronte agli incidenti deve lasciare spazio a una logica di collaborazione. Solo se i dati sugli attacchi vengono raccolti, analizzati e condivisi tra istituzioni e imprese è possibile avere un quadro realistico delle minacce e predisporre contromisure efficaci. E come non citare la dimensione culturale. La sovranità digitale non si difende solo con infrastrutture e regole, ma con la consapevolezza diffusa che ogni cittadino, ogni lavoratore e ogni manager è parte di una catena di sicurezza più ampia. Promuovere la cultura della cybersicurezza come elemento di cittadinanza digitale significa rafforzare la coesione sociale e rendere più solido l’intero sistema Paese. La partita della sovranità digitale è appena iniziata. Non sarà una sfida breve né semplice, ma rappresenta una straordinaria opportunità per l’Italia e per l’Europa. Se sapremo costruire un’alleanza solida tra istituzioni e imprese, se metteremo al centro le competenze delle nostre PMI e se diffonderemo una cultura condivisa della sicurezza, allora potremo guardare al futuro con fiducia. Perché un Paese che controlla i propri dati e le proprie tecnologie è un Paese più libero, più competitivo e più resiliente.