Chi siamo noi per l’AI

AI – domande e risposte facili facili – chi siamo noi per l’AI

A cura di Gianpiero Cozzolino

Il riconoscimento facciale e gli altri sensori

Una delle prime forme di “intelligenza artificiale” di cui si è sentito parlare, già qualche anno fa, è il riconoscimento facciale, ossia la capacità di riconoscere una persona dall’immagine del viso. Tale capacità ha moltissimi possibili utilizzi: da una parte utili, come le misure di sicurezza avanzate (per il controllo delle autorizzazioni per dati o azioni critiche; come, per esempio, lo sblocco degli smartphone); dall’altre pericolose, come la sorveglianza di massa (per esempio la schedatura delle persone che frequentano luoghi a carattere sensibile).

Analogamente al riconoscimento facciale, che utilizza videocamere, esistono moltissimi tipi diversi di sensori che raccolgono i dati più disparati (voce, postura, abitudini, preferenze, opinioni, debolezze, etc.), e dai cui è possibile desumere una sorta di identikit “logico” di ognuno di noi. La quantità di dati è così grande che per trattarli non è possibile usare algoritmi tradizionali, ma è necessario ricorrere alle tecnologie di machine/deep learning, che sono alla base dell’intelligenza artificiale, per estrarre dei modelli che descrivono certi nostri aspetti, e che a loro volta possono essere utilizzati per “riconoscerci” -PROFILARCI- confrontandoli con analoghi modelli elaborati in un dato momento con i dati appena raccolti.

Social engineering

Anche il social engineering, cioè la raccolta di informazioni pubbliche (o meno) di un individuo a scopo di riutilizzo fraudolento, non è certo una novità: nasce in tempi in cui non esisteva internet, ha avuto un primo grande salto con l’avvento dei social network (utilizzando quindi informazioni divulgate direttamente da noi) e sta avendo un secondo grande salto con le capacità elaborative dell’intelligenza artificiale, grazie alla capacità di correlare con efficienza sbalorditiva dati provenienti da fonti diverse, fornendo profili estremamente precisi.

Con tale precisione, il furto d’identità o il ricatto diventa un gioco da ragazzi. Infatti, grazia appunto ai dati disponibili ed alle tecnologie, ogni attività svolta non in presenza è a rischio, poiché i processi di riconoscimento comunemente utilizzati possono essere facilmente aggirati tramite dati falsi (immagini, audio, documenti d’identità) appositamente generati (per questo motivo le famigerate password, purché ben protette ed accompagnate da sistemi ulteriori, cosiddetti “multi fattori”, continuano ad essere fondamentali); così come è facile reperire, o persino generare, informazioni “imbarazzanti” che possono essere utilizzate come oggetto di minaccia e ritorsione.

Ma non solo: oltre all’utilizzo di informazioni estremamente precise, c’è la possibilità di effettuare previsioni di comportamenti in determinati contesti, sia a livello di gruppi di persone ma anche a livello individuale, il che comporta il grande rischio di esclusioni o discriminazioni.

Cosa ne penso?

Le tecnologie e applicazioni appena descritte presentano forse i maggiori rischi in assoluto. A causa della varietà di fonti di dati e della pervasività di sensori (ricordiamo che molti di essi li portiamo noi stessi addosso, oppure entrano nelle nostre case con gli oggetti “smart”), ormai non c’è nessuno che possa dirsi al sicuro, ma contemporaneamente non ci si rende conto di quali e quanti dati che ci riguardano vengono raccolti, e soprattutto come possono essere utilizzati a nostra insaputa; il risultato è una grave mancanza di consapevolezza e, di conseguenza, di autodifesa. Non dimentichiamo che i fatti di cronaca più o meno specialistica raccontano spesso di soggetti (pubblici e privati, noti e meno noti) che eludono costantemente ogni normativa o principio etico in nome dei propri interessi.

Rimane sempre in sottofondo il problema di ogni sistema di intelligenza artificiale: i possibili errori (falsi positivi, falsi negativi, “allucinazioni”, previsioni sbagliate), la sfida che abbiamo di fronte sarà di capirne l’origine, vera falsa generata ricreata sviluppata integrata dedotta, e quindi di analizzarla su una base etica globale, che richiederà l’impegno globale di ogni testa e macchina pensante.